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      Il problema di Milano non è quindi una questione locale: esso è un problema nazionale e in un certo senso anche internazionale. Gli operai di Milano devono persuadersi di ciò e dalla comprensione dei doveri formidabili che incombono su di loro devono trarre tutta l'energia e tutto l'entusiasmo che sono necessari per condurre a termine il compito necessario.
      Non sarebbe difficile rintracciare le cause remote e vicine per cui a Milano si è creata l'attuale situazione, nella quale, è inutile nasconderlo, sono i riformisti ad avere l'effettivo controllo delle masse. Poche grandi fabbriche, numero infinito di piccole e piccolissime officine, grande quantità di piccoli borghesi addetti al commercio, grande numero di impiegati, tradizione democratica fortissima nei vecchi operai, ecc., ecc.. Ma a noi basta ricordare lo slancio rivoluzionario dimostrato sempre dalle masse operaie milanesi per giungere a queste conclusioni:
      1) la situazione attuale si è creata per gli errori del partito socialista negli anni dopo la guerra;
      2) è possibile, con un lavoro assiduo, paziente, di ogni giorno, di ogni ora, con la piú devota abnegazione dei migliori operai, mutare la situazione.
      Il partito socialista non si è preoccupato dell'importanza enorme che Milano avrebbe avuto nella rivoluzione e non ha mai cercato di creare una grande organizzazione politica. Negli anni 1919-20, per essere all'altezza dei suoi compiti di centro organizzativo dell'economia nazionale, Milano avrebbe dovuto avere una sezione socialista di almeno 30-40.000 soci: cosa possibilissima in una città che conta circa 300.000 lavoratori, quando la grande maggioranza segue il partito che dice di volere la rivoluzione.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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