Il romanticismo francese del '48 ha anch'esso lanciato una parte della piccola borghesia sulle barricate, accanto alla classe operaia; ma la classe operaia era ancora debole, non riusì a prendere il potere; il potere fu preso da Luigi Bonaparte, la piccola borghesia romantica divenne cesarea. È questo il lato romantico del movimento fascista, dei fascisti come Mario Gioda, Massimo Rocca, Curzio Suckert, Roberto Farinacci, ecc., ecc.: una fantasia squilibrata, un brivido di eroici furori, un'irrequietezza psicologica che non hanno altro contenuto ideale che i sentimenti diffusi nei romanzi d'appendice del romanticismo francese del 48: anarchici pensavano la rivoluzione come un capitolo dei Miserabili coi suoi Grantavin, l'Aigle de Meaux e C., con contorno di Gavroche e di Jean Valjean; fascisti, vogliono fare i «principi Rodolfo» del buon popolo italiano. La congiuntura storica ha permesso che questo romanticismo diventasse «classe dirigente», che tutta l'Italia diventasse un romanzo d'appendice...
«Capo»45
Ogni Stato è una dittatura. Ogni Stato non può non avere un governo, costituito da un ristretto numero di uomini, che a loro volta si organizzano attorno a uno dotato di maggiore capacità e di maggiore chiaroveggenza. Finché sarà necessario uno Stato, finché sarà storicamente necessario governare gli uomini, qualunque sia la classe dominante, si porrà il problema di avere dei capi, di avere un «capo». Che dei socialisti, i quali dicono ancora di essere marxisti e rivolu-zionari, dicano poi di volere la dittatura del proletariato, ma di non volere la dittatura dei «capi», di non volere che il comando si individui, si personalizzi, che si dica, cioè, di volere la dittatura, ma di non volerla nella sola forma in cui è storicamente possibile, rivela solo tutto un indirizzo politico, tutta preparazione teorica «rivoluzionaria».
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