I giolittiani non volevano Bonomi, in nessun modo, a nessun costo: sino alla vigilia della sua «investitura» la Stampa condusse una campagna violentissima, atroce, contro Bonomi. Bonomi fu «imposto» a Giolitti, e questa imposizione era di per se stessa eloquentissima, data la situazione d'allora; Bonomi fu imposto come ministro della guerra, per il dicastero intorno a cui in tutte le formazioni ministeriali dal '20 al '22 si svolsero le lotte piú violente (basta ricordare l'episodio Amendola-Di Scalea nel ministero Facta) tra reazione e democrazia, tra fascismo e antifascismo. Bonomi rappresentò, nel gabinetto Giolitti, la sentinella avanzata del militarismo, della Corte, della reazione piú nera che allora esistesse in Italia, quando il fascismo si ammantava ancora di programmi e di parole demagogiche.
2) Bonomi procedette, nel luglio 1920, alla smobilitazione degli ufficiali rimasti nei quadri dopo l'armistizio. È noto il piano di questa smobilitazione: esso fu il piano di preparazione della guerra civile che doveva essere scatenata contro il proletariato e contro i contadini alla fine del 1930. Gli ufficiali smobilitati entrarono nei fasci per comando dei loro superiori, per applicare il piano elaborato al ministero della guerra, di cui era titolare Bonomi. Questa massa militarizzò il fascismo attraverso la costituzione delle «disperate» e delle squadre d'azione rionali comandate dai membri delle «disperate», secondo un piano che era già stato applicato in Russia dai socialrivoluzionari, anch'essi aiutati dagli elementi «tecnici» forniti dall'ufficialità zarista.
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