Questo secondo aspetto è, per noi e per tutti, l'essenziale, ma è collegato col primo inscindibilmente. Anzi, tutti i dilemmi e le incertezze e difficoltà che rendono impossibile la previsione di una soluzione di carattere limitato, come hanno in mente le opposizioni e tutti i borghesi, sono un sintomo di contrasti sostanziali profondissimi. Alla base di tutto vi è il problema stesso del fascismo, movimento che la borghesia riteneva dovesse essere semplice «strumento» di reazione nelle sue mani ed invece, una volta evocato e scatenato, è peggio del diavolo, e non si lascia piú dominare, ma va avanti per conto suo. L'uccisione di Matteotti, dal punto di vista della difesa del regime, fu un profondissimo errore. L'«affare» del processo, che nessuno riesce a liquidare in modo pulito, è tale una ferita nel fianco del regime quale nessun movimento rivoluzionario, nel giugno 1924, era in grado di aprire. Esso è del resto non altro che la espressione e la conseguenza diretta della tendenza del fascismo a non porsi piú come semplice «strumento» della borghesia, ma a procedere nella serie delle sopraffazioni, delle violenze, dei delitti, secondo una sua ragione interna, che degli interessi della conservazione del regime attuale finisce per non tenere piú conto.
Ed è quest'ultimo punto quello che noi dobbiamo esaminare e giudicare piú attentamente, per avere un filo direttivo nella risoluzione del problema che stiamo discutendo. La tendenza del fascismo che abbiamo cercato di caratterizzare spezza l'alternativa normale di periodi di reazione e periodi di «democrazia» in modo che a tutta prima può sembrare favorevole alla conservazione di una linea reazionaria e ad una piú rigida difesa del regime capitalistico, ma in realtà può risolversi nel contrario.
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Matteotti
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