Tuttavia è possibile in questo senso una grande politica che se pure non rimargini la ferita per lo meno tenda a cicatrizzarla. Qualcuno pensa alla possibilità di una certa politica di lavoro basata sull'inflazionismo. Naturalmente non è da escludere in senso assoluto questa possibilità, ma: 1) se anche si verificasse, i suoi risultati nel campo economico sarebbero relativamente minimi; 2) i suoi risultati sarebbero invece catastrofici nel campo politico. Occorre infatti tener presente questi elementi:
1) L'esportazione rappresenta nella bilancia italiana solamente una parte dell'attività, al massimo i due terzi. 2) Per pareggiare la bilancia non solo occorrerebbe condurre l'attuale base produttiva al suo massimo rendimento, ma occorrerebbe allargare la stessa base produttiva comprando all'estero nuovi macchinari, ciò che peggiorerebbe ancora la bilancia. 3) Le materie prime per l'industria italiana sono importate dall'estero e devono essere pagate con moneta non svalutata. Un aumento della produzione su larga scala porterebbe alla necessità di un'enorme massa di capitale circolante per l'acquisto delle materie prime. 4) Occorre tener presente che il fascismo come fenomeno generale ha, in Italia, portato al minimo i salari e gli stipendi della classe lavoratrice. L'inflazione è comprensibile in un paese ad alti salari, come surrogato del fascismo, per abbassare il livello di vita delle classi lavoratrici e quindi ridare elasticità alla borghesia italiana. Non è comprensibile in Italia dove il tenore di vita della classe operaia sta rasentando già la fame.
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