In realtà, lo «spontaneo» era la prova piú schiacciante dell'inettitudine del partito, perché dimostrava la scissione tra i programmi sonori e i fatti miserabili. Ma intanto i fatti «spontanei» avvenivano (1919-1920), ledevano interessi, disturbavano posizioni acquisite, suscitavano odi terribili in gente pacifica, facevano uscire dalla passività strati sociali stagnanti nella putredine: creavano, appunto per la loro spontaneità e per il fatto che erano sconfessati, il «panico» generico, la «grande paura» che non potevano non concentrare le forze repressive spietate nel soffocarli.
Un documento eccezionale di questo distacco tra rappresentati e rappresentanti è costituito dal cosí detto patto di alleanza tra confederazione e partito, che può essere paragonato a un concordato fra Stato e Chiesa. Il partito, che è in embrione una struttura statale, non può ammettere nessuna divisione dei suoi poteri politici, non può ammettere che una parte dei membri si pongano come aventi uguaglianza di diritto, come alleati del «tutto», cosí come uno Stato non può ammettere che una parte dei suoi sudditi, oltre le leggi generali facciano con lo Stato cui appartengono e attraverso una potenza straniera, un contratto speciale di convivenza con lo Stato stesso. L'ammissione di una tale situazione implica la subordinazione di fatto e di diritto dello Stato e del partito alla cosí detta maggioranza dei rappresentanti: in realtà, a un gruppo che si pone come anti-Stato e antipartito e che finisce con l'esercitare indirettamente il potere.
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