C'è tutto: la famiglia papalina, il battesimo nella chiesa gesuitica, l'educazione gesuitica, l'idillio culturale di queste scuole, i gesuiti soli o quasi soli rappresentanti della cultura nazionale, la lettura della Civiltà cattolica, il padre Rosa come vecchia guida spirituale dell'Ojetti, il ricorso dell'Ojetti, oggi, alla guida di lui per un caso di coscienza. L'Ojetti dunque non è un cattolico di oggi, non un cattolico dell' 11 febbraio, per convenienza o per moda; egli è un gesuita tradizionale, la sua vita è un «esempio» da portare nelle prediche, ecc. L'Ojetti non è mai stato made in Paris, non è mai stato un dilettante dello scetticismo e dell'agnosticismo, non è mai stato volterriano, non ha mai considerato il cattolicismo tutto al piú come un puro contenuto sentimentale delle arti figurative. Perciò l'11 febbraio l'ha trovato preparato ad accogliere la Conciliazione con «ilare benevolenza»; egli non pensa neppure (Dio liberi!) che si possa trattare di un instrumentum regni, perché egli stesso ha sentito «che forza sia nell'animo degli adolescenti il fervore religioso, e come, una volta acceso, esso porti il suo calore in tutti gli altri sentimenti, dall'amore per la patria e per la famiglia fino alla dedizione verso i capi, dando alla formazione morale del carattere addirittura un premio e una sanzione divina». Non è questa in compendio, la biografia, anzi l'autobiografia dell'Ojetti?
Però, però: «E la poesia? E l'arte? E il giudizio critico? E il giudizio morale? Tornerete tutti a obbedire ai gesuiti?
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