Curzio Malaparte68
Il suo vero nome è Kurt Erich Suckert, italianizzato verso il 1924 in Malaparte, per un bisticcio con i Buonaparte.
Nel primo dopoguerra sfoggiò il nome straniero. Appartenne all'organizzazione di Guglielmo Lucidi, che arieggiava al gruppo francese di Clarté di Henri Barbusse e al gruppo inglese del Controllo democratico; nella collezione della rivista del Lucidi intitolata Rassegna (o Rivista) internazionale pubblicò un libro di guerra, La rivolta dei santi maledetti. una esaltazione del presunto atteggiamento disfattista dei soldati italiani a Caporetto, brescianamente corretta in senso contrario nella edizione successiva e quindi ritirata dal commercio.
Il carattere prevalente del Suckert è uno sfrenato arrivismo, una smisurata vanità e uno snobismo camaleontesco: per aver successo il Suckert era capace di ogni scelleraggine. Suoi libri sull'Italia barbara e sua esaltazione della Controriforma: niente di serio e di meno che superficiale.
A proposito dell'esibizione del nome straniero (che a un certo punto cozzava con gli accenni a un razzismo e popolarismo di princisbecco e fu perciò sostituito dallo pseudonimo, in cui Kurt [Corrado] viene latinizzato in Curzio) è da notare una corrente abbastanza diffusa in certi intellettuali italiani del tipo «moralisti» o moralizzatori: essi erano portati a ritenere che all'estero si era piú onesti, piú capaci, piú intelligenti che in Italia. Questa «esteromania» assumeva forme tediose e talvolta repugnanti in tipi invertebrati come il Graziadei, ma era piú diffusa che non si creda e dava luogo a pose snobistiche rivoltanti; è da ricordare il breve colloquio con Giuseppe Prezzolini a Roma nel 1924 e la sua esclamazione sconsolata: «Avrei dovuto procurare a tempo ai miei figli la nazionalità inglese!
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