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      Era la seconda generazione piccolo-borghese dopo l'unità italiana (della prima ha scritto magistralmente la cronistoria Augusto Monti nei Sansoussi), estranea alla politica delle classi conservatrici dominanti, in letteratura piú connessa al De Amicis, allo Stecchetti che al Carducci, lontana dal D'Annunzio, e che preferirà formarsi sul Tolstoj, considerato piuttosto come pensatore che quale artista, scoprirà Wagner, crederà vagamente ai simbolisti, alla poesia sociale [simbolisti e poesia sociale?], alla pace perpetua, insulterà i governanti perché poco idealisti, e non si ridesterà dai suoi sogni neppure per le cannonate del 1914 [un po' di maniera e stiracchiato tutto ciò]». «Cresciuto fra incredibili stenti, sapeva di essere anfibio, né borghese, né popolano: " Come mi facessi un'istruzione accademica e prendessi diplomi, è cosa che mi fa perdere spesso ogni calma a pensarci. E quando, pensandoci, sento che potrò perdonare, allora ho veramente il senso di essere un vittorioso ". " Sento profondamente che soltanto lo sfogo della letteratura e la fede nel suo potere di liberazione e di elevazione mi hanno salvato dal diventare un Ravachol".»
      Nel primo abbozzo degli Ammonitori il Cena immaginò che il suicida si gettasse sotto un'automobile reale, ma nell'edizione definitiva non mantenne la scena: «... Studioso di cose sociali, estraneo a Croce, a Missiroli, Jaurès, Oriani, alle vere esigenze del proletariato settentrionale che lui, contadino, non poteva sentire. Torinese, era ostile al giornale che rappresentava la borghesia liberale, anzi socialdemocratica.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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