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      Il Fovel ha sempre aspirato a diventare un grande leader politico, e non è riuscito perché gli mancano alcune doti fondamentali: la forza di volontà diretta a un solo fine e la non volubilità intellettuale tipo Missiroli; inoltre troppo spesso egli si è troppo chiaramente legato a piccoli interessi. Ha cominciato come «giovane-radicale», prima della guerra: avrebbe voluto ringiovanire, dandogli un contenuto piú concreto e moderno, il movimento democratico tradizionale, civettando un po' coi repubblicani, specialmente federalisti e regionalisti (Critica politica di Oliviero Zuccarini). Durante la guerra fu neutralista giolittiano. Nel 1919 entra nel PS a Bologna, ma non scrive mai sull'Avanti! Prima dell'armistizio fa delle scappate a Torino. Gli industriali torinesi avevano acquistato la vecchia e malfamata Gazzetta di Torino per trasformarla e farne un loro organo diretto. Il Fovel aspirava a diventare il direttore della nuova combinazione ed era certamente in contatto con gli ambienti industriali. Invece fu scelto come direttore Tommaso Borelli, «giovane liberale», al quale successe ben presto Italo Minunni dell'Idea nazionale (ma la Gazzetta di Torino, anche sotto il nome di Paese e nonostante le somme prodigate per svilupparla, non attecchì e fu soppressa dai suoi sostenitori). Lettera «curiosa» del Fovel nel 1919: egli scrive che «sente il dovere» di collaborare all'Ordine Nuovo settimanale; risposta in cui vengono fissati i limiti di una sua possibile collaborazione, dopo di che la «voce del dovere» si tace repentinamente.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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