Ma non mi pare che siano «concretamente» questi elementi di reale significato politico (vaghi, ma reali) a spiegare questa relativa popolarità. Altri elementi hanno concorso: 1) l'apoliticità fondamentale del popolo italiano (specialmente della piccola borghesia e dei piccoli intellettuali), apoliticità irrequieta, riottosa, che permetteva ogni avventura, che dava a ogni avventuriero la possibilità di avere un seguito di qualche decina di migliaia di uomini, specialmente se la polizia lasciava fare o si opponeva solo debolmente e senza metodo; 2) il fatto che non era incarnata nel popolo italiano nessuna tradizione di partito politico di massa, che non esistevano cioè «direttive» storico-politiche di massa orientatrici delle passioni popolari, tradizionalmente forti e dominanti; 3) la situazione del dopoguerra, in cui tali elementi si presentavano moltiplicati, perché dopo quattro anni di guerra decine di migliaia di uomini erano diventati moralmente e socialmente «vagabondi», disancorati, avidi di sensazioni non piú imposte dalla disciplina statale, ma liberamente e volontariamente scelte a se stessi; 4) quistioni sessuali, che dopo quattro anni di guerra si capisce essersi riscaldate enormemente: le donne di Fiume attiravano molto (e su questo elemento insiste stranamente anche Nino Daniele nel suo volumetto su D'Annunzio). Questi elementi sembrano inetti solo se non si pensa che i ventimila giovani raccoltisi a Fiume non rappresentavano una massa socialmente e territorialmente omogenea, ma erano «selezionati» da tutta Italia, ed erano delle origini piú diverse e disparate; molti erano giovanissimi e non avevano fatto la guerra ma avevano letto la letteratura di guerra e i romanzi di avventura.
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