La paura del kerenskismo81
È uno dei tratti piú rilevanti degli anni del dopoguerra. Corrisponde forse, in una certa misura, alla paura del lafayettismo nel periodo successivo alla rivoluzione francese.
Intorno al kerenskismo si è formato tutto un «mito negativo». Sono state attribuite al Kerenskij tutte le qualità negative, le debolezze, le irrisolutezze, le deficienze di un'intiera epoca storica. Non essere il Kerenskij del proprio paese, è diventata l'ossessione di tutta una serie di capi di governo. Da questa paura sono derivate alcune delle massime politiche del machiavellismo attuale e dei principi critici su cui si svolge la propaganda politica di massa. Ma cosa c'è di reale in questa paura? Non si osserva che uno degli elementi del kerenskismo è appunto questa paura di essere Kerenskij, cioè il fatto che a un indirizzo positivo si sostituisce un indirizzo negativo nella vita politica, si pensa piú al «non fare» che al «fare concreto», si è ossessionati dall'avversario che si sente dominare nell'interno stesso della propria personalità. Del resto, si è «Kerenskij» non per volontà, cosí come la volontà non può fare evitare di essere Kerenskij. Kerenskij è stato l'espressione di un determinato rapporto di forze politiche, organizzative, militari immediate, che non era stato creato da lui e che egli non riuscì a correggere, nonostante i suoi sforzi disperati, tanto disperati e incomposti da dargli l'aspetto di un Arlecchino. Si è preso sul serio il quadro morale e intellettuale di Kerenskij dipinto dai suoi nemici come arma di lotta contro di lui, come mezzo immediato per liquidarlo e isolarlo, e se ne è fatto un uomo di paglia assoluto fuori del tempo e dello spazio, un tipico «ilota» da mostrare agli «spartiati» per educarli.
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