Non partecipare attivamente alla vita collettiva, cioè alla vita statale (e ciò significa solo non partecipare a questa vita attraverso l'adesione ai partiti politici «regolari»), significa forse non essere «partigiani», non appartenere a nessun gruppo costituito? Significa lo «splendido isolamento» del singolo individuo, che conta solo su se stesso per creare la sua vita economica e morale? Niente affatto. Significa che al partito politico e al sindacato economico «moderni», come cioè sono stati elaborati dallo sviluppo delle forze produttive piú progressive, si «preferiscono» forme organizzate di altro tipo, e precisamente del tipo «malavita»; quindi, le cricche, le camorre, le mafie, sia popolari sia legate alle classi alte. Ogni livello o tipo di civiltà ha un suo «individualismo» cioè ha una sua peculiare posizione e attività del singolo individuo nei suoi quadri generali. Questo «individualismo» italiano (che poi è piú o meno accentuato e dominante secondo i settori economico-sociali del territorio) è proprio di una fase in cui i bisogni piú immediati economici non possono trovare soddisfazione regolare permanentemente (disoccupazione endemica fra i lavoratori rurali e fra i ceti intellettuali piccoli e medi). La ragione di questo stato di cose ha origini storiche lontane, e del mantenersi di tale situazione è responsabile il gruppo dirigente nazionale.
Si pone il problema storico-politico: una tale situazione può essere superata coi metodi dell'accentramento statale (scuola, legislazione, tribunali, polizia) che tenda a livellare la vita secondo un tipo nazionale? cioè con un'azione che scenda dall'alto e che sia risoluta ed energica?
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