Questo fatto è stato facilitato in Italia dalle forme istituzionali a base antidemocratica, vincolate da una legislazione che inibisce ogni possibilità di reazione contro lo strapotere di raggruppamenti borghesi economicamente piú forti. Cosí il Parlamento la cui vita è subordinata in definitiva ai poteri discrezionali del re, l'Associazione della magistratura che non è elettiva, ecc.
Collateralmente a questo processo di centralizzazione delle forze borghesi, assistiamo al processo di radicalizzazione della classe lavoratrice, il quale però si svolge con una andatura molto piú lenta del primo.
Il partito comunista con il suo grado ideologico esprime in parte l'estensione di questo processo.
Il fascismo, partendo dal presupposto di risolvere la crisi economica, se ha completamente mancato al suo compito, ha però fornito alla borghesia italiana alcune possibilità per superare senza eccessive scosse la profonda crisi del dopo guerra nel periodo di relativa stabilizzazione.
Naturalmente tutto ciò è avvenuto ai danni della classe lavoratrice.
La crisi economica italiana contenuta in determinati limiti non mancherà di acutizzarsi, e le ripercussioni di questa acutizzazione già si profilano all'orizzonte con le agitazioni proletarie e contadine che ne attestano il loro grado di insofferenza economica e politica.
Per il proletariato italiano sono date oggi tutte le condizioni oggettive per la conquista del potere.
Ma ciò non basta. Il grado di maturità politica di larghi strati di masse specialmente contadine ritarda su quello dei proletari, l'influenza dei partiti politici pseudoproletari, di cricche, non è ancora distrutta.
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