Leggendo queste pagine si sente che Gregorovius è nel suo dominio: egli conosceva infatti Roma ed i suoi dintorni, come pochi anche oggi la conoscono e l'amava con affetto sconfinato e ammirazione profonda di figlio: ne conosceva i monumenti, i ruderi, gli abitanti, le abitudini, il linguaggio, la vita comune, la storia grande e tragica, la politica, le leggende, la fede. Le sue osservazioni, di un'esattezza severa, scrupolosa, sono quindi spontanee e pensate insieme, costanti e continue. [v]La vita di mezzo secolo fa, sotto il dominio papale, molto diversa invero da quella di oggi, ma forse più caratteristica, rivive nelle pagine di questo bel libro e vi rivive intera, in tutta la sua bellezza, ricordando, più di quello che oggi ricordi, tutto un passato di lotte, di guerre, di gesta e di tragedie. Accanto al Lazio della metà del secolo XIX si leva, in questo libro mirabile, per quanto non scevro di difetti e d'ingenuità, il Lazio del medio evo. Libro di rievocazione storica potrebbe dunque chiamarsi questo: sia che l'Autore ci presenti il pittoresco aspetto della campagna romana, le selvagge solitudini dei monti Ernici e Volsci, la poesia profonda delle rovine infiorate di Ninfa, o il pauroso squallore di Astura dinanzi al limpido Tirreno e le ville sepolte nelle paludi pontine, l'omerico Circeo, o il cupo maniero degli Orsini, il passato ritorna sempre in queste pagine e vi ritorna nella sua vera luce, maestoso, terribile, in tutto il suo profumo di cosa lontana.
Chi seguirà oggi lo storico tedesco nelle sue dotte escursioni, troverà probabilmente i dintorni di Roma molto diversi da quello che presentemente sono: Gregorovius visitò la nostra terra in un tempo che è, per gli avvenimenti accaduti, già lontano da noi, per quanto neppur mezzo secolo ce ne separi.
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