Gli ammiratori di Virgilio sanno che fin dai tempi romani si soleva coltivare in queste terre la vite nei modi cui ho fatto cenno. Grande godimento è quello di poter leggere oggi in queste vigne le Georgiche di Virgilio, il capolavoro della poesia latina, libro stupendo non tanto per la forma della composizione, che è mediocre, quanto per la purezza, la precisione, la grazia inimitabile dello stile. Ho letto e riletto quei canti fra i campi di Genazzano ed ho dovuto riconoscere che tutti i consigli, le regole ed i precetti del poeta sono oggi pienamente osservati, di guisa che pare quasi che egli abbia descritto i modi di coltivazione attualmente in uso nella campagna romana.
La vigna è tutto in questa regione: essa riunisce in sè le tre divinità dei campi: Bacco, Cerere e Pomona. Infatti, fra le file delle viti si semina il grano, e qua e là vi si piantano gli eleganti mandorli, la più precoce delle piante del Mezzogiorno, che fiorisce alle prime brezze primaverili: il mandorlo è stato cantato in una delle Cento novelle antiche, dove è detto[28] essere stato piantato presso la tomba di Narciso da Amore, quale simbolo degli amanti. Fra le viti cresce anche l'olivo, dalle foglie sottili che paiono luminose nella luce cangiante, assumendo una tinta ora argentea ora bronzea: vedendolo levarsi sul grano, vien fatto di pensare al pane saporito, per il quale somministrano l'olio. Altrove sorgono anche dei peschi, dei peri, dei meli, dei purpurei melagrani, dei noci, dei castagni e dei fichi, dai frutti dolci come il miele.
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