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      Mi son recato spesso a mangiarne e poi mi sedevo sotto un castagno ai piedi della collina, in mezzo ai mirti ed alle felci cantate da Virgilio, e, fra il profumo della menta e del serpillo, leggevo Orazio o qualche altro libro che avevo recato meco. La menta è propriamente una pianta caratteristica della campagna romana: tutti i campi intorno alla città eterna ne sono profumati. Quando poi mi trovo lontano di qui, in Toscana, o nell'alta Italia, e mi accade di vedere una[30] pianticella di menta, il suo profumo mi richiama immediatamente alla memoria la campagna romana, e me la fa desiderare ardentemente.
      In mezzo a tanta dovizia, chi vorrà credere che la popolazione sia poverissima? Osservando questa regione la si direbbe un vero Eldorado per i suoi abitatori; ma se vi si vive un po' a lungo si finisce per vedere che spesso in questo paradiso terrestre abita la miseria più squallida. Tutte queste frutta (si vendono qui venti fichi o venti noci, per un baiocco; e nelle buone annate un fiasco di vino per lo stesso prezzo) non bastano a nutrire il contadino; esso morrebbe di fame se non avesse la farina di granturco, che forma il suo cibo. La causa di questo doloroso stato di cose va ricercata nel regime agrario del paese. Innanzi tutto bisogna notare che ogni proprietario di terra deve pagare al principe Colonna, come tributo, la quarta parte di quello che il terreno gli rende. L'antico flagello dei latifundia è ciò che forma la miseria di questa popolazione; è vero che quasi ogni contadino possiede una piccola vigna, ma questa non è sufficente a mantenere la sua famiglia.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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