Pensavo a quelle schiere di pellegrini che un tempo venivano a Roma per il giubileo e ripetevo fra me e me i bei versi del sonetto della Vita nuova:
Deh! peregrini, che pensosi andate,
Forse di cosa che non v'è presente;
Venite voi di sì lontana gente,
Com'alla vista voi ne dimostrate?
Camminavano in gruppi di dieci, venti, cinquanta, cento persone. Ve n'erano di tutte l'età: vecchi che si appoggiavano sul bastone, servito loro per cinquanta volte almeno su quella stessa via che ora percorrevano forse per l'ultima volta; nonne con i loro nipotini, floride fanciulle, giovani[48] robusti, ragazzi e perfino bambini lattanti, portati dalle madri sulla testa. In una di queste processioni vidi passare una giovane sposa che portava sulla testa un cestino, entro cui giaceva un bimbo che sorrideva graziosamente, con gli occhi spalancati, quasi si beasse dello splendore del sole. La maggior parte delle donne recava in capo un paniere con le provvigioni od un fardello di vestiti, e colla loro varietà aggiungeva nuova bellezza allo spettacolo. Chi avesse potuto leggere nell'anima di tutti quegli esseri, vi avrebbe trovato l'innocenza accanto alla colpa, il vizio accanto al pentimento, il dolore e la virtù, tutto il bene ed il male che si avvicendano nel cuore umano.
E' come una grande e bella, ma seria e solenne mascherata, che si svolge in un magnifico quadro, con un succedersi continuo di nuovi costumi, di colori, di fisonomie diverse; le compagnie dei pellegrini si succedono le une alle altre, nei costumi dei loro monti, delle loro valli.
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Roma Vita
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