Il sole era già calato dietro i monti e i suoi ultimi raggi infuocati indoravano ancora le vette circostanti. Cominciammo a salire e nel voltarmi indietro vidi a poca distanza da me otto o dieci soldati che si avanzavano a rapidi passi sul sentiero[123] dietro di noi. Dubitai che dessero la caccia ai briganti, ma non era probabile, perchè la famigerata banda di Gasperone non abitava più quelle montagne, dove ancora in molti luoghi si possono leggere nomi di briganti famosi da loro stessi scolpiti sulle roccie coi loro pugnali.
Quei soldati, come mi disse il mio compagno che si mostrava bene informato, venivano da Alatri per visitare la Certosa, godendo dell'ospitalità dei frati, perchè dovete sapere che le ricche tonache bianche sono obbligate dalla loro regola ad ospitare gratuitamente per tre giorni ogni viandante, e se anche un intero esercito volesse entrare nella Certosa, non potrebbero chiudergli in faccia la porta del convento. Siccome sapevo che la brigata insieme alla quale avevo visitato la grotta di Collepardo aveva passato la notte precedente alla Certosa, mangiando alle spalle di quei monaci, quando vidi dietro di me quei soldati mezzo affamati, che già pregustavano col pensiero il buon pranzo del convento, fui preso da una certa inquietudine, cominciando anch'io a sentire gli stimoli della fame: "Vieni, Francesco, dissi, affrettiamo il passo, perchè quei soldati non arrivino prima di noi alla Certosa, se no correremo il rischio di trovare i frati di cattivo umore quando busseremo alla loro[124] porta per chiedere vitto ed alloggio". Francesco sorrise e proseguimmo la nostra via con maggiore alacrità.
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