Intanto era calata la notte profonda, la luna piena splendeva sul più limpido cielo illuminando lo splendido anfiteatro dei monti. Gli alberi inondati di luce, le nere ombre delle rupi, i vapori luminosi che salivano dalle vallate, il terribile silenzio interrotto dal malinconico grido dell'upupa, il grosso gufo della montagna e il sordo mormorio del Cosa, tuttociò pareva circondare il monastero di un influsso magico. A mezzanotte mi destò il suono della campana - suonavano il matutino - sapevo che a quel suono un frate, l'excitator, andava di cella in cella a destare i monaci. Essi recitano i primi quattro salmi penitenziali, poi vanno in chiesa dove rimangono tre ore a cantar matutino. Tornati nelle loro celle seguitano ancora la preghiera, indi è loro concesso un breve sonno per riposarsi: e così avanti una notte dopo l'altra. Ascoltai i rintocchi della campana, che parevano risuonare strani e fantastici nell'aria, e sarei sceso volentieri in chiesa se non avessi temuto di turbare le preghiere di quei santi uomini. Mi addormentai al suono dei loro canti e appena spuntò il giorno la mia guida venne a bussare alla porta della mia cella, per avvertirmi che era l'ora di partire per Veroli.[135]Lasciai il convento senza poter ringraziare il superiore, perchè non vidi anima viva, all'infuori del portinaio e del servitore della foresteria che si scusò di non potermi portare il caffè, che mi aveva promesso la sera prima, perchè la regola prescrive un'ora fissa anche per la colazione.
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Veroli
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