Esistono tuttora in questa città due iscrizioni, ove è ricordata[176] l'opera memoranda del re goto. Fra i papi, fu Sisto V, questo romano pratico e di carattere energico, che per primo riprese i lavori e due secoli dopo Pio VI continuò l'opera sua facendo ricostruire la via Appia, scavare a fianco di questa un grande canale, ed altri secondari, trasformando inoltre una parte delle paludi in terreni coltivabili: egli fu veramente un benefattore per una parte della regione marittima.
Dalle rovine ciclopiche di Norba discendemmo a Ninfa, che è a' suoi piedi, proprio dove cominciano le paludi; vi si arriva per una comoda ma tortuosa discesa, oppure attraverso il ripido pendìo del monte. Noi preferimmo quest'ultima via, e dovemmo saltare di roccia in roccia facendo rotolare i ciottoli in basso.
Così giungemmo a Ninfa, la leggendaria città rovinata, mezzo sepolta nella palude, con le sue mura, le sue torri, le sue chiese, i suoi chiostri e le sue case coperte di edera. Il suo aspetto è più incantevole di quello di Pompei, le cui case sembrano spettri o mummie sventrate, faticosamente strappate alla lava vulcanica. Sopra Ninfa invece si muove, al soffio del vento, un mare di fiori; ogni muro, ogni chiesa, ogni casa è rivestita d'edera, e su tutte quelle rovine oscillano i purpurei stendardi del dio trionfante della primavera.[177]Si prova un'inesprimibile emozione nel penetrare in questa città d'edera, nel percorrere le sue vie deserte, nascoste quasi sotto l'erba e i fiori e nell'errare fra quelle mura dove il vento scherza fra le foglie.
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