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      Ora la distrutta città ed i suoi fiori non sono minacciati più che dal fulmine e dalle bufere, che si scatenano dalle paludi pontine.
      Esistono ancora tutte le piazze, tutte le strade fiancheggiate dalle case cadenti ed invase dall'edera; talune, che conservano l'aspetto di palazzi di architettura semigotica, appartennero certo alle famiglie più ricche e più illustri del luogo. Le più curiose a vedersi però sono le chiese; sono ancora in piedi i ruderi di quattro o cinque di esse. Non ho mai veduto rovine più poetiche, e difficile sarebbe voler descrivere quei campanili in parte rovinati, con le loro finestre[179] ad arco oppure tonde, o divise in mezzo da una colonnina, con le loro cornici medioevali ad ornato, tutti guarniti di edera e coperti di fiori variopinti; tutti quegli avanzi di vôlte, di navate, sepolti in un mare di lussureggiante vegetazione. Tutte quelle chiese sono antiche ed appartengono ai secoli XI e XII, se pure non sono di costruzione anteriore perchè il loro stile è quello della semplice forma di basilica. Nelle loro deserte navate ora pregano i fiori ed invece del profumo dell'incenso l'atmosfera è impregnata dall'olezzo delle rose. Sulle pareti, nelle tribune rovinate, qua e là si scorgono ancora, fra l'edera, alcuni avanzi di affreschi: vi sono martiri con la palma in mano e con gli strumenti del martirio a lato. Le loro pallide figure, circondate da svanite aureole d'oro, coperte dalla dalmatica e con la ricca stola, fra il verde ed i fiori dalle mille tinte, sembrano irritate nel vedere i figli di Flora, la dea pagana, celebrare un culto sacrilego nelle chiese abbandonate.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





Flora