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      Fratris Tiburti dictam cognomine gentem,
      Catillusque acerque Coras, Argiva juventus".
      I tre fratelli Catillo, Cora e Tibur o Tiburto erano figli di Anfirao di Argo; venuti dalla Grecia in Italia, costruirono Tiburi o Tivoli. Cora fu anche, a quanto si dice, il fondatore di Cori: questa è la seconda leggenda sull'origine della città.
      Siamo ora dinanzi alla città, le sue case sono disposte a piramide sulla montagna; sulla cima appaiono i bei resti del tempio d'Ercole e, ai piedi, stanno dei giardini pieni di frutta e di olivi. Cori conta circa 5000 anime. Fin dal medio evo è stata feudo "del Senato e del popolo romano" ed è uno dei più bei possessi della città di Roma.
      Non stancherò il lettore con la descrizione delle rovine di Cori, avendogliene già descritte abbastanza. Meritano però uno sguardo le mura ciclopiche o pelasgiche. Esse sono visibili in molti punti della città; si possono paragonare con le mura dell'antica Micene o Tirinto. Sostengono[188] l'Acropoli sulla sommità del paese. Quando uno si è arrampicato sin lassù, rimane grandemente sorpreso di trovarsi dinanzi alle rovine del peristilio di un tempio di puro stile greco. E' un piccolo edificio dorico grazioso, benissimo conservato. Il travertino delle colonne ha preso un colore turchino grigiastro che gli dà un aspetto assai antico. Si chiama tempio d'Ercole, ma questo nome probabilmente non è giustificato.
      Castore, Polluce, la Fortuna e Diana, la dea delle campagne pontine, il Sole, Giano, Eolo, Apollo, Esculapio, avevano i loro tempî a Cori.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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