Sono ormai nove anni che ogni estate mi delizio del mare. Ivi ho trascorso le mie ore migliori ed ho fatto le mie più belle escursioni. Mille imagini e mille ricordi sono sorti in me nello scorgere questo[196] mare latino. Ma mentre riapparivano chiare e limpide nella mia mente le coste elisie della Corsica e della Campania, i golfi superbi di Palermo, di Cefalù, di Siracusa e dell'Etna, la spiaggia latina non ha punto corrisposto alla mia aspettazione. In tutti gli altri mari si vedono magnifici scogli, capi, promontori, castelli e città torreggianti qua e là sulle rive, ricchi oliveti scendenti sino al mare, aranceti fioriti e odorosi, melagrani con i loro frutti infuocati. Chi può dimenticare, alla vista del mare, il magico lido di Sorrento, i giardini di Palermo, i vigneti che si stendono lungo la spiaggia stupenda di Acireale, sul mar Jonio? Ritornando col pensiero a tutte queste bellezze, la spiaggia del mare latino e la piccola città di Anzio mi hanno prodotto una penosa impressione. Per quanto abbia spinto l'occhio dalla parte di Ostia, non mi è riuscito vedere che macchie deserte, una spiaggia depressa di argilla e di sabbia, alcuni spazi chiusi da palizzate, dove pascolavano alcune mandre. La città è un complesso di ville in stile romano, di casupole in pietra, di capanne ricoperte di paglia, che si stendono tutte intorno al piccolo golfo, sulla cui spiaggia sono alcune barche tirate a secco e nel porto poche paranze.
Alla locanda, seduto dinanzi al cavalletto,[197] ho trovato un compatriota tedesco, distinto paesista; pitture di marine, da poco terminate stavano sulle pareti e provavano che l'autore non aveva perduto il suo tempo.
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