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      Non gli ho celato la mia delusione, ma egli mi ha portato alla finestra e mi ha fatto osservare il mare che scintillava di luce e all'orizzonte i monti che si profilavano in una tinta azzurrina. Non era trascorsa una giornata che io non pensava più a tutte le amene riviere che conoscevo ed ero completamente conquistato dal nuovo fascino di questa solitaria spiaggia di Anzio. Essa mi ha ricordato quelle del mio mar Baltico, meno belle e pittoresche e più d'una volta alla vista di queste gialle coste senza rocce, ho esclamato: Ma questo è proprio Neukuhren, Wangen, Sassau! La spiaggia del mar Baltico e quella del mare latino si somigliano fra loro, come un'ingenua canzone popolare ricorda i classici idilli di Teocrito.
      Nè Poussin, nè Claudio, nè Salvator Rosa sarebbero certo qui venuti a trarre per le loro marine l'ispirazione. Nulla vi ha qui di epico, di eroico, di grandioso, di ardito, di bizzarro, di fantastico. Tutto v'è ampio, largo, indeciso, ma tranquillo, pieno di dolcezza, idillico insomma. Quest'ampia, lunga spiaggia ha un significato veramente lirico, ed ora mi so spiegare l'attrattiva che[198] essa aveva su i Romani, preoccupati sempre delle sorti del mondo intero. I contemporanei di Augusto, di Caligola, di Nerone (questi era appunto di Anzio) amavano sottrarsi a tutte le preoccupazioni della capitale e godere, per un mese, nell'estate, in Anzio, il dolce far niente, come anche oggi è solito fare il papa.
      Quale pace scende negli animi nella solitudine di questo mare!


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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