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      Il mattino era di una limpidezza straordinaria, il mare tranquillissimo ed il capo Circeo, avvolto in una tinta rosea, davano al quadro un aspetto del tutto omerico. A Nettuno comprammo vino e pane e quindi proseguimmo la nostra strada. Ci fermammo a far colazione su di un vecchio tronco d'albero, presso una carboniera e provammo un piacere simile a quello di Ulisse, quando si assise al banchetto apprestatogli da Circe nel suo palazzo. Era veramente delizioso gustare un buon sorso di vino in quella profonda pace, su quell'omerica spiaggia, dinanzi all'azzurro di quel mare, tinto in rosa all'orizzonte.
      Fino a questo punto tutto era andato benissimo, ma giunti là dove il bosco scende fino al mare, cominciammo ad avere dei timori. Non erano già i banditi che ci davano pensiero, ma le mandre di tori e di bufali che vagano colà completamente liberi, non sorvegliati da pastori. Tutta quanta la spiaggia fino a Terracina è coperta di numerose mandre di tori, di buoi,[228] di vacche, dalle corna lunghissime, di quella forma tutta classica della campagna romana e che si vedono scolpite nel Partenone, attorno all'ara del sacrificio. Le loro corna sono lunghe quasi tre piedi, molto divergenti, arditamente contorte, grosse, chiare, di bel colore.
      Quasi in tutte le case del Mezzogiorno si vedono queste corna, tenute come amuleti contro il "malocchio" e piccoli cornetti vengono portati dai principi alla catena dell'orologio e pendono dal collo dei ragazzi dei pescatori.
      I buoi sono selvaggi e grandemente pericolosi; il solo pastore li può governare, stando a cavallo, con la sua lancia; più pericolosi ancora sono i bufali.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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