Questi vivono a branchi e vagano solitari e liberi come i cinghiali; frequentano volentieri gli stagni e le paludi e nuotano con grande agilità. Quando si attraversano le paludi pontine o il bassopiano di Pesto, si vedono molti di questi mostri neri e selvaggi immersi negli stagni, dai quali stendono fuori talvolta, sbuffando, solo le tozze teste. Il bufalo cammina sempre col capo chino a terra e guarda sospettoso dal basso in alto. Non si serve delle sue corna, che sono come quelle del montone rivolte indietro, ma rovescia a terra con la sua fronte di bronzo l'uomo che insegue, quando l'abbia[229] raggiunto; quindi gli pone il ginocchio sul petto e lo calpesta fino ad ucciderlo. I pastori domano questi pericolosi animali con la lancia; passano loro attraverso il naso un anello ed allora li attaccano al carro e se ne servono per trasportare grandi pesi, voluminosi blocchi di pietra, o tronchi d'albero giganteschi. Col latte della bufala vien fatta la provatura, che è una specie di cacio molto difficile a digerirsi. La carne del bufalo è poco stimata, perchè dura; la comprano gli ebrei poveri del ghetto che non ne mangiano generalmente altra. I bufali abbondano nelle paludi pontine, nella squallida riviera di Cisterna, di Conca e di Campomorto, covo della febbre, dove perfino l'assassino non viene ripreso, quando vi si sia rifugiato. Gli uomini che custodiscono queste bestie menano una vita misera, sono febbricitanti e di poco inferiori agli indiani della Prateria.
Il possibile incontro di questi animali ci dava assai pensiero; appena giunti nei boschi, li vedemmo numerosi sulla spiaggia.
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