Vi erano dei cespugli di mirto di un'altezza straordinaria e tutt'intorno un odore di selvatico, che penetrava i sensi.
Il terreno non č piano, ma accidentato, percorso da piccoli ruscelli, in molti punti paludoso; vi abbondano gl'istrici, le tartarughe e le serpi; noi vi trovammo spesso delle penne di galli selvatici, avanzi del pasto di qualche aquila: ciņ dava ancora maggior risalto alla cupa poesia di questa riviera.
Ci riuscģ alla fine di scansare i branchi dei bufali e dei tori e quando ne incontravamo qualcuno in ritardo ci arrestavamo e restavamo silenziosi e tranquilli finchč non fosse passato e dopo aver superato rivi, fossi e siepi, sboccammo finalmente di nuovo sulla spiaggia e ci fermammo per riposarci piacevolmente all'ombra di un muro, cui era addossato uno steccato destinato a racchiudere una mandra. Anche questo muro era certo, come lo dicevano chiaramente alcune vestigia di mosaico, un resto di qualche villa romana.
Rimaneva un'ora sola di strada per giungere ad Astura, e nel camminare lungo questa[232] triste spiaggia, mi colse quella profonda malinconia che nasce nel vedere cosa che rammenta una grandezza scomparsa. Non č solo il ricordo della tragica fine del giovane Corradino e della stirpe degli Hohenstaufen, che puņ qui rattristare l'animo, specialmente di un tedesco; v'influisce anche e per molta parte l'aspetto della contrada stessa. Vorrei poterla descrivere con le parole, come il mio compagno di passeggiata l'ha saputa riprodurre nelle sue tele che spero saranno presto note a tutti.
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Astura Corradino Hohenstaufen
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