Corradino era giunto colà "senza pompa alcuna, non come capo di un esercito, ma come uno che abbia tutto perduto e che non cerchi che di salvarsi di nascosto, e quasi fuori dei sensi" (latenter ingreditur mente captus). Ma in Roma erano giunti dal campo di battaglia anche i suoi nemici, Giovanni e Pandolfo Savelli, Bertoldo e molti guelfi con l'intenzione di sollevare la città, cosicchè gli amici avevano consigliato al giovanetto di non indugiare a cercare scampo nella fuga.[234] Si diresse con i suoi compagni verso il mare, con l'idea di recarsi a Pisa ed ivi imbarcarsi per la Sicilia; cercò una barca e la ottenne dagli abitanti del villaggio di Astura, dove s'imbarcò e salpò. Ma avutane notizia Giovanni Frangipani signore di Astura e riconosciuto dai gioielli che Corradino aveva regalati, essere i fuggitivi personaggi ragguardevoli, salì su di un'altra barca, li raggiunse a forza di remi e li ricondusse nel castello. Invano Corradino supplicò che lo lasciasse fuggire coi suoi, che non lo volesse consegnare nelle mani di Carlo, avido di sangue; invano gli ricordò la gratitudine che doveva alla casa di Svevia, avendo i Frangipani ottenuto grandi feudi dall'imperatore Federigo ed essendo stato da questi lo stesso Giovanni creato cavaliere; invano Corradino promise ampia ricompensa e si dichiarò pronto anche a sposare la figliuola di Frangipani. Il signore di Astura era titubante e commosso forse dalla gioventù, dalla grazia, dalla sventura di Corradino, incerto, come dicono i cronisti, da qual parte avrebbe potuto trarre maggior guadagno, se da Corradino o da Carlo d'Angiò; quando dinanzi al castello arrivò Roberto di Lavena, capitano delle galere angioine che ingiunse al Frangipani di consegnargli i prigionieri.
| |
Roma Giovanni Pandolfo Savelli Bertoldo Pisa Sicilia Astura Giovanni Frangipani Astura Corradino Corradino Carlo Svevia Frangipani Federigo Giovanni Corradino Frangipani Astura Corradino Corradino Carlo Angiò Roberto Lavena Frangipani
|