Forse perchč questo nostro piccolo io colle sue piccole necessitā e la coscienza della natura, destata per un attimo, si trovano in immediato contatto coll'Infinito e l'Eterno, con ciō che non ha storia, nč tempo, nč limiti, nč forma.
Avanzavamo rapidamente nell'aria fresca e serena, condotti dolcemente dal vento e dal marinaro e sempre pių si andava svolgendo dalle brume il capo oscuro, col suo bianco paesello sulla punta e una torre grigia ai piedi, sul mare. Ma prima di approdare a questa, voglio dire due parole sulla storia del Mons Circeus o Monte Circello.
Da lungo tempo il paese delle favole di Circe fu fissato su questo promontorio che invero, con la sua forma nettamente insulare, i suoi folti boschi, i suoi odorosi declivii, le sue grotte di stalattiti sul mare, costituiva un ambiente, per lo meno non disadatto, a far sorgere una favola magica di antichi navigatori. Il monte Circeo era[252] nei tempi preistorici veramente un'isola, come oggi le isole di Ponza e come un tempo il Soratte. A poco, a poco e certamente molto prima dei tempi dell'Odissea, questa isola si riunė alla terra e divenne un capo. Gli antichi geografi riferiscono che su di esso giacque una cittā col tempio di Circe e con un altare a Minerva, dove era conservata la coppa di Circe in cui Ulisse aveva bevuto. Anche la tomba di Elpenore vi si mostrava, con i mirti che vi erano germogliati sopra.
La cittā di Circei, o Circeo, era volsca, come Anxur, oggi Terracina. I Romani la conquistarono e vi stabilirono una colonia che non fu certo mai grande e potente, ma per la sua posizione fu una delle pių belle piazze forti ed inoltre un gradito soggiorno.
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