Sedettero allora per trattenersi intorno alle leggi, e noi oggi possiamo figurarci più volentieri il gruppo di quei tre personaggi togati, eminenti per istruzione e per urbanità, che non i monaci in tonaca, coll'ispida barba, contemporanei di Gregorio VII, in pieno secolo XI, nell'epoca della maggiore barbarie, della maggiore decadenza di Roma. Quale sorpresa non avrebbero provata Cicerone, Attico e Quinto se avessero potuto vedere i Romani dell'undicesimo secolo!
Cicerone nacque fra questi pioppi del Fibreno, di cui sentiamo sempre con piacere il mormorio delle foglie agitate dal vento. Ma a che parlare della sua stupenda culla a coloro che non potranno forse mai gettare[310] uno sguardo su questa campagna smaltata di fiori, rallegrata da una continua primavera? Quale stupendo panorama di monti tutto all'intorno, quali tinte calde non si perdono nei vapori dell'orizzonte!
Cicerone fu figlio della pianura, non dei monti; egli, spirito vasto, radunò in sè quale fiume potente tutti i ruscelli dello scibile suo contemporaneo. Mario invece fu figlio delle montagne, nato proprio in Arpino, fra le mura dei ciclopi, dove vogliamo salire.
Ho veduto pochi terreni così frastagliati e parlanti come questa patria di Cicerone; sorgenti, canali, ruscelli ad ogni passo e di tutte le tinte; ed in mezzo a tutto ciò, il rumore dei molini, le grida dei lavoratori dei campi, ed il fracasso del nostro char à banc che correva sempre a precipizio.
Passammo nella pianura, dinanzi a parecchi casini e vaghi giardini; quindi, lasciata la valle del Fibreno, prendemmo a salire il monte per una bella e comoda strada, dalla quale si gode una nuova vista, affascinante per la varietà, sulla lontana campagna di Roma e la pianura di Pontecorvo.
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