Il monte di Sora mi apparve di lą quasi una piramide d'Egitto accanto al Nilo; la cittą era immersa nell'ombra proiettata dal monte e si poteva seguire il corso del Liri, fra i monti maestosi che lo fiancheggiano. Si scorgevano pure la Posta, dove nasce il Fibreno, i Sette Fratelli dedicati ai figli della Felicitą, dove il monaco Alberico ebbe la famosa visione che precedette quella di Dante, dando probabilmente origine al poema di[315] questi. Parecchie cittą e castella si staccavano biancheggianti sull'azzurro dei monti; si scorgevano Veroli, Monte S>. Giovanni, Frosinone, Ferentino ed a fianco un monte piramidale, di forma strana, su cui sorge Rocca d'Arce; ed un altro su cui campeggia nel cielo la torre solitaria e scura di Monte Negro. Tutti questi paesi rimontano ai tempi di Saturno e stando su queste mura ciclopiche ricoperte di edera su cui sono passate migliaia di anni, si gode un maraviglioso spettacolo.
Su queste mura stesse si arrampicava un giorno il giovane plebeo Caio Mario, all'epoca in cui tutti i popoli, dalle Calabrie al Liri ed al mare Adriatico, erano insorti per la conquista dei propri diritti civili, e di lą il giovanetto tendeva lo sguardo verso il Lazio, verso quella gran Roma, cui erano rivolti nelle provincie i pensieri di tutti quelli che anelavano all'operositą, alla fortuna. E questo ciclopico Arpino deve considerarsi quale culla adatta al sanguinario Mario, vera culla di gigante, la cui terribile e rozza natura porge un non so che di titanico, posta a contatto a quella aristocratica di Silla che con arti volpine gli attraversa continuamente la strada ed arresta costantemente il corso della sua fortuna.
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