- Aldi, avrà detto.
- Sì, altri, e per tal segnale, che si portava la testa rasa, e che è da poco tempo che ci siam lasciati crescere i capelli. Si può dare una infamità peggio di questa?
- Ma codesti testimoni c'erano o no? - domandò il conte.
- Manca testimoni? se si trattasse di far mettere ancora in croce nostro signore, credete che non ne troverebbero? C'eran sicuro, testimoni che per una buccia di fico giurerebbero ogni falsità, i quali sono tutti ghibellini scomunicati, gente che ha già data l'anima al diavolo.
- E così dunque?
- E così, dopo che quel volpacchione ebbe finito, entrò a parlare anche il nostro avvocato Lorenzo da Garbagnate: disse chiaro e tondo che noi non si è vassalli nè altri dell'abate, e che è più di cent'anni che non si fa che pagargli il testatico, l'alpagio, le decime com'è giusto, e prestargli le opere al ricolto delle ulive e dei marroni, e fare i navoli e tutto quel che è dovere e null'altro, infine ha detto una certa parola, una parola stravagante che faceva per noi... Te ne ricordi tu, Arrigozzo?...
- Di qualche cosa, - rispose il figlio, - mi ricordo che ha detto... come a dire d'un certo dritto... d'un dritto, che so io?... d'una certa roba che non ho mai sentito menzionare.
- Avrà detto che non siete più servi per diritto di prescrizione, - suggerì il conte.
- Giusto questo, proprio così, - sclamarono ad una voce padre e figlio.
- Ditelo a me! che queste cose io le ho sulle dita.
- Dunque per provarla questa discrezione, - tirava innanzi Michele, - il nostro avvocato mise fuori anche lui i suoi bravi testimoni, tutti i più vecchi del paese e dei dintorni.
| |
Lorenzo Garbagnate Arrigozzo Michele
|