Insieme ai cavalieri ed alle gentildonne, passeggiavano nella sala privilegiata uno di qua, l'altro di là, l'avvocato del monastero di S. Ambrogio, e quello dei Limontini. Erano vestiti d'una lunga roba di seta color viola con un cappuccio rosso foderato di ermellino, che aveva il becchetto lungo fino al tallone; ma l'avvocato degli uomini di Limonta non tenea in mano la mazza d'argento, come il suo avversario, chè quello era un contrassegno d'onore riservato solamente a chi difendea le ragioni dei vescovi, degli spedali, dei monasteri e delle altre pie congregazioni.
In compagnia dell'avvocato di quei di Limonta passeggiava Ottorino Visconti, il signore di Lupo, il quale avea promesso al suo scudiere di trovarsi a Bellano pel dì del duello; un cavaliere leggiadro di forse ventisei anni, intorno al quale non incresca al lettore che spendiamo qualche parola, dovendo egli aver una gran parte negli avvenimenti che ci apparecchiamo a narrare.
Ottorino Visconti figlio di Uberto, il quale era fratello del Magno Matteo, veniva ad esser cugino di Galeazzo Primo, morto l'anno innanzi a quello in cui ci troviamo colla nostra storia, e così di Marco, di Luchino e di Giovanni, altri tre fratelli viventi, figliuoli tutti di Matteo.
Appena il generoso garzone fu in età da poter vestire una corazza, si pose sotto la disciplina del suo cugino Marco, giovane già maturo a quel tempo e celebrato per uno dei più valorosi condottieri d'Italia; addestratosi nel mestier dell'armi sotto gli occhi di quel gran capitano, il quale avea preso ad amarlo quasi come un figlio, ricevette dalle sue mani il cingolo della milizia, e seguì sempre la sua bandiera.
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