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      I due campioni andarono a collocarsi l'uno in faccia all'altro, ciascuno ad una delle estremità dello steccato. Erano vestiti entrambi d'un paio di brache di pelle di camoscio strette alla cintura, che scendevano tirate alle carni fino al piede, ed entravano in un calzaretto rosso che le abbracciava sopra la noce; tutto il resto del corpo era nudo. Avean nel braccio sinistro una targa di legno riquadrata da due capi, leggermente curvata all'indentro, coperta di pergamena; e nella destra un grosso e nocchieruto bastone di quercia.
      Ramengo da Casale mostrava all'aspetto un trentacinque anni, o lì presso: tozzotto, tarchiato, largo del petto e delle spalle, avea il collo toroso, le braccia corte e nerborute, i capelli rossi, ispidi e folti.
      Lupo meglio proporzionato delle membra, più alto di tutto il capo, più bello, più leggero del suo avversario, era però lontano dal promettere la forza di quella statura, di quelle forme erculee.
      La moltitudine era tornata in silenzio, gli ultimi in giro della piazza s'eran messi in piedi sopra scranne e panche e tavole: le finestre e i tetti all'intorno eran gremiti di gente. Tutti gli sguardi stavan fissi su i due campioni, tutti i cuori battevano, ed era manifesto su i volti della maggior parte il favore per Lupo, guadagnatogli sì dalla giustizia della causa ch'ei difendeva, sì dalla simpatia che destava a prima vista quella disposta e accomodata persona, quel bello ed animoso sembiante.
      Il giovine limontino, che era vôlto colle spalle alla chiesa, alzò il guardo al palazzo dell'arcivescovo, e, visti il Conte, Ottorino e Bice, lì salutò con un lieve chinar del capo, poscia abbassando gli occhi, li volse un momento in volto a suo padre, che gli stava dietro le spalle; e quell'occhiata significava: - Lasciate fare a me, non abbiate paura.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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