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      Se non che il Conte, rinvenuto dal primo spavento, sentendosi addosso una stizza grande pel rischio corso, cominciò a pigliarsela col timoniere e col suo Arrigozzo, del quale anch'esso era ben lontano dal sospettare quel che fosse avvenuto. Michele ascoltò i rimbrotti rivolti a sè col capo basso, coll'aria d'un uomo che sa pure d'avere un gran torto; ma sentendo toccare il figlio, punto troppo sul vivo non potè più contenersi, e s'apparecchiava a rispondere qualcosa. Quando nel volgere il viso verso il lago, gli venne visto sott'acqua alcun che di strano che parea impigliato fra gli scoscendimenti d'una scogliera poco discosta, coperta dall'onde: affissa egli ansiosamente quell'oggetto che appare sotto diverse forme, raffigura il lembo d'una gabbanella color marrone, al fine distingue una mano che ora spunta fuor dell'acqua, ora vi si rituffa secondo il mover dell'onda.
      Il povero padre ne fu per cascar morto: afferrare il tronco che si teneva dinanzi, balzare in piedi e gridare con voce tremante: - Arrigozzo! Arrigozzo! - fu un punto solo. Non venendogli nessuna risposta, corse sull'alto dello scoglio, volse il guardo all'intorno, ravvisò ad uno ad uno tutti gli scampati, ma non vi trovò suo figlio. Vistosi dinanzi il Conte che ne avea pur allora oltraggiato il nome: - Ah sei qui tu, o cane! - gridò come ruggendo: e brandito il legno, gli si avventò per darglielo sul capo. Bice mise un grido, Ottorino fu presto a sviare il colpo; accorsero in un momento Lupo, il falconiere, i barcaiuoli, e disarmarono quel forsennato, il quale dandosi dei due pugni nella fronte, spiccò un salto nel lago.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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