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      Questi dopo d'aver taciuto un pezzo cominciarono a rimbeccarli, e d'una in altra parola, riscaldandosi sempre più, stavano quasi per venire alle mani, quando corse una voce tra la folla, che il timoniere del Conte era nella barca col cadavere del proprio figlio annegato, e quelle grida e quegli insulti s'acquietarono in un tratto e si cambiarono in un susurro generale di compassione. Fu profferto ricovero, assistenza e ogni sorta di servigio al povero padre, il quale, ricusato ogni cosa, volle rimanersi tutta notte a vegliare il morto che si proponeva di traghettar poi a Limonta la mattina.
      Tosto che fu giorno egli cercò d'un falegname che gli facesse una croce da collocarsi sullo scoglio del naufragio: si trasse di tasca quei pochi piccioli di terzuoli che v'avea, e facendoli scorrere ad uno ad uno sulla mano callosa per numerarli, onde pagare l'artefice: - Sono danari guadagnati da lui, - diceva; - sono ancora di quelli che m'ha dato l'altro dì quando è tornato da Lecco: chi gli avrebbe detto, questi serviranno per pagare la tua croce! -
      Appena caduto il vento erano giunte a Varenna le altre barche dei Limontini, fra le quali anche quella del nostro Michele, che il dì prima egli avea prestata ad alcuni suoi paesani. Alla mattina alcuni pietosi collocarono in essa il corpo dell'annegato. Quando il povero padre giunse alla riva, e vide la sua barchetta e il carico che le aveano imposto, si senti intenebrar gli occhi dalle lagrime, ma fece forza a sè stesso, vi entrò con calma, diede di mano ad un remo, puntò contro l'arena e staccossene; prese poscia un altro remo e si diede a vogare a due braccia, allontanandosi lentamente dalla spiaggia a cui avea volte le spalle.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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