Fra non molto ella notò, come all'aperto e franco tripudio della giovinetta era successa una letizia chiusa, sbaldanzita: la vedeva arrossire s'ella l'interrogava intorno ad Ottorino, e abbassar gli occhi non osi di sostenere lo sguardo materno, di che cominciò ad esser gravemente conturbata.
Non ch'ella riputasse quel partito disconvenevole per la sua figlia, che per verità non avrebbe saputo dove collocarla con più onore; ma le dava pensiero la voce che correva, come il giovine fosse già in pratica di tôrre una figliuola di Franchino Rusconi, signor di Como, e come quelle nozze erano maneggiate da Marco Visconti.
Quanto al Conte, beato d'avere in sua casa un cavaliere di tanto nome, un cugino del Vicario, una creatura di Marco, egli era tutto in faccende per rendergliene più gradevole che potesse il soggiorno; e quando era un convito, quando una caccia, quando una gita ai paesi vicini. Bice era sempre della compagnia, chè il padre non sapea dare un passo senza di lei: anzi ad ogni tratto ei le veniva ricantando le glorie del giovane ospite, e parea che facesse a posta a riandare tutto quello ch'egli aveva fatto per la salvezza loro nel momento del naufragio, ritoccando ogni memoria di quel giorno, di quelle ore passate sullo scoglio, delle quali la fanciulla si ricordava forse già troppo, e sempre con un commovimento, con un brivido che non era però tutto di terrore.
E una virtù che agli occhi del Conte dava un nuovo pregio a tutte le altre, aveva egli scoperta recentemente nel cavaliere: una sommessione ai suoi avvisi, una perseveranza volonterosa nell'ascoltare tutte le storie della sua vita, nel menargli buoni tutti i suoi vanti.
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