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      Allora Ermelinda riavendo un po' la parola si mise a supplicarlo: - Volete ch'io abbia a fuggir da casa mia di notte a questo modo, come una malafemmina? che faccia morir di dolore e di vergogna la mia povera madre? Oh no! lasciatemi stare, ammazzatemi piuttosto, ammazzatemi di vostra mano, che sono contenta. -
      Marco stette un poco sopra di sè, e infine venne fuori con certe parole oscure, a lasciar intendere che se ella non veniva, ei non voleva aver però fatto il viaggio per niente, e che insomma sarebbe andato lui a trovar suo padre. Forse nol disse che per farle paura affin di tirarla al suo intento; ma la padrona che prese la cosa sul serio, cominciò a tremare, e gli si gittò dinanzi tutta piangente, a pregarlo, a supplicarlo che non dicesse così, che scacciasse quei pensieri, e che non le volesse dare tanto spasimo, e diceva di quelle cose, e con tanta passione!... ma lui niente! e faceva sempre prova di sciogliersi dalle sue mani; anzi vi fu un momento che se ne deliberò affatto e si movea verso l'uscio. Ermelinda allora balzò in piedi come una furiosa, lo afferrò per un braccio e si mise a gridare: - No, non uscirete di qui prima di avermi ammazzata, lo difenderò io, io lo difenderò! -
      Fu come a gettar, un secchio d'acqua sul fuoco: il Visconte si fermò, non fece più nessuna forza. - Via -, disse con un sorriso gelato e da far gelare chi si sia, - via, quietatevi; vedete, son qui, non dò più un passo, non abbiate paura ch'io fugga, fate pure strepito, svegliate la casa, gridate all'assassino, io non mi movo -.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Ermelinda Visconte