Anche qui però c'era il suo malanno, per non parlar del rischio che correvan le cavalcature su e giù per certi viottoletti strani e rovinosi; v'era un altro guaio peggio del primo, il pericolo d'essere spogliati dai signorotti dei contorni: chè a quei dì ogni privatello che avesse quattro mascalzoni al soldo, voleva far la guerra, e non potendo di meglio, la faceva alle strade, come Rinier da Corneto e Rinier Pazzo mentovati da Dante. Poveri tempi! non s'era ancora arrivato a capire che il male in certe cose non istà che nel poco: è come l'aria, per un paragone, che se tu ne pigli un filo per una fessura, ti dà una doglia, una scesa di capo, un attacco di petto e può risicare di mandarti all'altro mondo; ma se vi ti cacci nel mezzo, fuori, all'aperta, alla larga, ti ristora tutto quanto e ti rifà la vita.
Il Conte e la sua famiglia si misero in viaggio di buon mattino in una brigata di forse venti persone. Su e giù per le serpeggianti stradicciuole del monte, ora piegavano dietro le ineguali curvature d'una valletta, ora attraversavano il letto di qualche torrentello asciutto e sparso di bianchi ciottoli, ora perdevansi tra il folto di verdi boschetti d'ulivi, di lauri e di mortelle. Spesso il lago verso cui tenevan vôlto lo sguardo veniva lor tolto da qualche impedimento; ma all'acquistar d'un'altura, al rivolgersi della montagna, al diradarsi improvviso delle piante, ricompariva tosto, quando sgombro ed aperto, quando frastagliato dal verde delle frondi di mezzo alle quali s'intravedeva; variato sempre di seni, di promontori, di barchette che ne segnavano di lunga striscia la superficie tranquilla, di capanne e di paeselli che si specchiavano in esso dalla riva.
| |
Rinier Corneto Rinier Pazzo Dante Conte
|