Intanto al di fuori ne succedava un'altra più stravagante. Bernardo, il figlio del falconiere, che era pur venuto da Limonta colla brigata, al primo metter piede dentro le porte di Monza, s'era abbattuto in un suo conoscente, col quale s'indugiò qualche tempo, cosicchè quando giunse sulla piazza di San Giovanni, vi si faceva già tutto quel tafferuglio che abbiam detto. Egli vide alcuni preti laceri e sanguinolenti scappare di qua e di là, domandò che cosa fosse, e intese, esser quelli i canonici della basilica, che ne venivano cacciati a quel modo per la loro ostinazione del non voler restare dall'uffiziatura per l'interdetto. - Come? -, diss'egli fra sè, - un paese che fu sempre per Nicolò V, per la buona causa, passar tutt'in un tratto a tanto eccesso? -. Sperò che non fosse quello che un sobbollimento passeggero, ebbe fidanza di poter far ravvedere quei rompicolli: l'indegnazione, la vanità, gli tolsero un momento il lume degli occhi; e quello che non avea mai fatto a Limonta, dove tutti i cuori erano indurati nello scisma (com'ei soleva dire), dove non v'era speranza di far frutto, volle tentarlo quivi. Tal quale si trovava con un petto di ferro messo sopra la casacca, con una cuffia d'acciaio che facea cornice ad una faccia interriata e balorda, con un lanciotto in mano sicchè pareva proprio uno spauracchio da corvi, salì su d'una panca, e cominciò a predicare.
Il buono si fu quando vide uscir di San Giovanni il prete che avea suscitata tutta quella tempesta, e non era poi stato uomo da rabbonacciarla; il nostro Bernardo, che lo scorse così malconcio, inseguito dalla plebe che gli urlava dietro, fece argomento che non potesse esser altri che uno dei canonici che pativano per la giustizia; onde scendendo in terra, si mosse verso quel mal capitato, e gli baciava le vesti.
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