- Come? dunque a Limonta non se ne sa nulla?
- Nulla.
- Com'è così, bisogna spacciar tosto qualcuno che ne gli avvisi, - disse il giovane.
- Per carità, no: se son trovati che stiano all'erta, chi caverà del capo al cardinale che sia venuto da me? e tra che m'ha già sul liuto...
Ma Ottorino, senza dargli ascolto, disse al suo scudiere: - Conviene che tu corra tosto a Limonta ad avvisare quei tuoi paesani della tempesta che sta per iscaricarsi su di loro; torna indietro; piglia su a Monza un cavallo fresco, e va.
- No, no, - replicava il Conte, - voi volete rovinarmi. L'abate sa che Lupo è figlio d'un mio servitore...
- Egli è mio scudiere, rispose Ottorino; me la piglio su di me.
- Pensate una cosa, - tornava a dire il Conte, - che a quest'ora sapranno già tutto.
- Non m'avete detto voi che non istavano in sospetto di nulla?
- Cioè... io propriamente non lo so... ma di ragione, da Lecco ne avranno avuto qualche avviso; oh l'hanno avuto! l'hanno avuto del sicuro, scommetterei che l'hanno avuto.
- Ad ogni modo è meglio assicurare il partito, - replicava il giovane cavaliere.
- Così al buio, quel povero Lupo fra quei precipizi!... - insisteva pure il Conte.
- Di questo non vi pigliate pensiero, - entrò a dire il figlio del falconiere; - lascerò il cavallo al primo paese presso cui mi coglie la notte, e tirerò innanzi a piedi: che non abbia a poter fare una decina di miglia, trottando come può trottare un ronzino, quando ne va la vita di tanta povera gente? - e ciò detto, rivolse il cavallo e lo cacciò di galoppo.
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