- Sentite, - rispose finalmente il Conte, - Marco per verità mi fa troppo più d'onore ch'io non meriti... del resto, ve l'ho pur detto, che eravamo amici fin da giovinetti! Basta, s'io vaglio, son qui tutto per lui... E quanto a quello che si discorreva intorno a Bice, io vi ripeto, che qualora non vi sia ostacolo per parte sua, ve la prometto fin d'ora, e mi chiamo fortunato di porla così onorevolmente, e secondo il cuor mio, chè ben sapete in quanto pregio io v'abbia, e quanto vi voglia bene... E anche Ermelinda, vedete, anche lei; vi do parola che ha da levarne le mani al cielo.
Frattanto la brigata era giunta in Milano: il Conte andò a scavalcare alla Brera del Guercio dov'era la sua casa, e il giovane corse difilato da Marco Visconti.
CAPITOLO X
Tosto che Marco ebbe visto Ottorino entrar nella camera dove stava soletto leggendo alcune carte, si levò in piedi e andandogli incontro cortesemente: - Già tornato? - gli disse, - e così, come vanno le faccende a Monza?
- Tutti malcontenti, - rispose il giovane, - ma nessuno osa levare il capo per paura del duca di Tech.
- Con chi hai parlato?
- Coi capi di parte guelfa che mi avete indicati, con Guzino Gavazza, con Moneghino Zeva, e con Berusio Rabbia; quest'ultimo, come prima il possa senza dar ombra, verrà a Milano per conferire con voi il da farsi.
- E del popolo, che novelle mi dài?
- Pessime: informi quel vostro prete Martino, che avete mandato colà a far l'apostolo: egli è uscito vivo per miracolo dalle unghie di quei valentuomini ch'ei s'era messo a catechizzare.
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