Con tutto ciò la donna, nel figurarsi la sua figlia al cospetto di Marco, palpitava d'un arcano spavento nudrito di memorie e di presentimenti; e quando ne diede licenza a Bice, la quale mostravasi essa pure tutta conturbata per quanto avea inteso raccontar di quell'uomo, le parve di dare una sentenza che avesse a decidere del destino de' suoi giorni: nel vederla partire gli occhi le si empierono di lacrime.
Stavasi Marco Visconti in una sala del suo palazzo in mezzo a una corona dei più ragguardevoli giovani di Milano, aspettando l'ora del pranzo. Sempre splendido nell'onorare amici e signori, in quel tempo avea raddoppiato di magnificenza fino al fasto e alla prodigalità, per farsi dei parziali, per dar nell'occhio alla moltitudine che si lascia agevolmente abbagliare da tutto quel che luce. Notano gli storici che nella sontuosità delle feste e dei banchetti, nello sfoggio degli abiti e dei cavalli, nella pompa della famiglia di donzelli, di paggi e di scudieri, si lasciava indietro d'assai lo stesso suo nipote Azzone creato signore di Milano.
Uno dei principali personaggi di quel crocchio era Lodrisio Visconti, fratello dell'intruso abate di Sant'Ambrogio, il consigliere più ascoltato che Marco s'avesse, l'istigatore suo in tutti quei segreti maneggi che avea avviati: uomo di bell'aspetto, di forse quarant'anni, valoroso della sua persona, ma uno spirito turbolento, irrequieto, che avea già fatto parlar di sè quel che sta bene, ch'era destinato ad acquistar dappoi una celebrità troppo vituperosa.
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