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      ... Sulla soglia di quel vasto e buio avvenire verso cui t'inoltri baldanzoso, condurti a vaneggiare per una fanciulla?... Che direbbe Lodrisio?... quell'anima beffarda!... Eh via! scompaiano queste nebbie sciagurate, e torni a risplendere in tutta la luce la mia stella... Sì, lo voglio!
      Allora ripigliò la lettera incominciata, e, non posò la penna, nè levò l'occhio, che non avesse riempite quattro lunghe facce d'una minuta scrittura, dopo di che s'andò a coricare colla fantasia piena di guelfi e di ghibellini, di papa e d'imperatore, di maneggi e d'armi.
      Alcuni giorni dopo, Ottorino tornando da Pavia dov'era stato mandato a trattare con certi congiurati, si presentò al suo signore, risoluto d'aprirsi con lui in quell'occasione, di pregarlo ch'ei fosse contento che avesse a tôr Bice per moglie: ma al primo venirgli innanzi lo trovò sì burbero, sì accigliato, sì aggrondato, che gliene mancò la risoluzione. Espose il giovane tutto quello che spettava alle faccende per le quali era stato mandato, poscia, per farsi strada a quanto volea dire per conto proprio, cominciò ad entrar nel conte del Balzo, pigliandone cagione da una disputa che esso avea avuta a quei dì con un frate intorno alla illegalità della deposizione del pontefice Giovanni: una disputa lunga, viva, alla fine della quale, il frate piegando, erasi accordato nel sentimento del Conte; il che avea fatto un gran colpo.
      Marco rise in suo segreto nell'udire le novelle d'una faccenda, ch'egli stesso avea con sottile accorgimento preparata di lunga mano; perocchè, è qui il luogo di farlo sapere ai nostri lettori, tosto che il conte del Balzo fu giunto a Milano, volendo Marco farlo valere a suo pro, s'era adoperato perchè la casa di lui fosse frequentata da notabili cavalieri e dottori, e vi si parlasse delle controversie della giornata; e per non lasciarlo solo colle armi del suo latino, che non erano forse le meglio temprate, contro chi poteva averne delle più salde, lo avea, senza farsi scorgere, provveduto di alcuni valenti campioni, uno dei quali era il nostro vecchio conoscente, l'avvocato dei Limontini; ed essi venivano bravamente in aiuto del padron di casa ogni volta che s'accorgessero che nel battersi gli crocchiava il ferro fra mano.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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