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      Intanto egli passava gran parte del tempo al fianco della promessa sposa, parlandole dell'amor suo, delle sue prime speranze, riandando deliziosamente tutte quelle giornate ch'erano stati insieme a Limonta, tornando su tutti i casi, del naufragio, della caccia; facendosi con giocoso rigore render ragione di quell'aria di dispetto con che l'avea tanto tormentato; e tutto gli tornava in dolcezza; chè da un soave ripiglio fatto sorridendo dalla madre a Bice, o da una tronca parola, o da un modesto arrossir di questa, al toccar di tali memorie, l'innamorato garzone veniva raccogliendo la certezza d'essere amato.
      Uno di quest'altri dì egli ricevette un invito dal suo signore d'accompagnarlo in una cavalcata per la città; e fra una brigata numerosa di cavalieri fu eletto da lui per istargli al fianco: favore che era ambìto, non si può dir quanto, da tutta la gioventù ammiratrice di quell'uomo singolare. Marco, tra via rispondendo, ora col chinar del capo, ora col movere delle mani, alle dimostrazioni della gente che s'affollava alle finestre, su i terrazzi e nelle strade per vederlo passare, faceva le più amorevoli carezze al cugino, e parea che colla nuova benignità, coll'insolita grazia, volesse ristorarlo, e fargli scusa dell'austerità con che l'aveva trattato l'ultima volta.
      - Senti, cugino, - gli disse dopo un pezzo: - io debbo passar presto in Toscana, e tu mi vi accompagnerai.
      Il giovane rimase tutto sconcertato da quell'improvviso annunzio, e rispondeva titubando: - È una nuova grazia; ma.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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