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      CAPITOLO XII
     
      L'ora era tarda: non s'udiva altro che il muggir basso del lago, coperto a quando a quando dallo stormire del vento fra i rami dei castagni che ascondevano la capanna del barcaiuolo. Quand'ecco il cane che stava accovacciato sul letticciuolo, leva il muso, rizza le orecchie e comincia a brontolare, poi balza giù e corre verso l'uscio ringhiando ed abbaiando stizzosamente. Michele e la sua donna tendono l'orecchio; non s'ode nulla di strano, nulla fuorchè il consueto rumore. Il marito leva la stanga, apre, esce fuori all'aperta, e sente in lontananza sulla sua diritta verso Limonta l'abbaiar d'un altro cane, il cane del pescatore: sale in cima ad un masso che stava dietro la sua casupola, guarda verso il paese, vede il cielo da quella parte tutto rosso, vede le rupi più alte ripercuotere una luce mutabile e come scorrente, la luce d'un incendio. - Fuoco a Limonta! - grida subito, e parte correndo per dar quell'aiuto che il bisogno chiedesse. - Guardatevi da male! - gli gridò dietro la donna, e tornata tosto in casa, inginocchiossi a pregare il Signore.
      Michele camminando udì alcune grida che venivano dal paese; e poco stante altre grida di qua e di là, in alto verso la vetta della montagna, giù, presso la spiaggia; distinte in prima le une dalle altre in modo ch'egli avrebbe saputo indicare da qual casa, da quale capanna uscissero; ma a poco a poco crescevano, si mischiavano, si confondevano insieme perdendosi tutte in un solo gridìo.
      Giunto su d'un'altura, potè certificarsi che il fuoco era stato appiccato deliberatamente, però che vide ardere in un punto due case poste ai due capi del paesello.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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