Quanto alla dignità d'abate, la cosa era vera; Marco gliel'aveva ottenuta lui dal Bavaro; quanto poi a quella più recente, di cardinale, non ce n'avea merito alcuno; era cascata addosso al prelato per un motuproprio dell'antipapa Pietro da Corvara, il quale, vedendosi calar al basso un dì più che l'altro, cercava col distribuir cariche, dignità, indulgenze, tutto fuorchè quattrini, chè di quelli non ne avea uno, cercava, dissi, di farsi dei partigiani, degl'interessati a tenerlo in piedi, dei compagni alla peggio nella sua caduta.
Marco però ricevette tutto intero il complimento, senza farsi scrupolo di ridurre alla misura del dovere la gratitudine dell'alto suo cliente, il quale partì facendogli grandi protestazioni di ossequio, offerendo sè stesso, i suoi monaci, e tutti i feudi del Monastero in servigio di lui e de' suoi amici.
Questo nuovo accidente invelenì sempre più l'animo di Marco contra Ottorino: quantunque in faccia dell'abate egli avesse mostrato di offendersi del solo sospetto che un suo fedele avesse avuto mano in quella faccenda, in cuor suo conchiuse e fermò che Ottorino ad ogni modo non dovea esserne interamente netto; che Lupo, per lo manco, non lo avea lasciato al buio di quanto disegnava di fare; pensò che la sua famigliarità colla casa del Balzo poteva averlo consigliato ad oprar qualche cosa a pro dei Limontini; corse colla mente a Bice, e si sentì sempre più avvampare di rabbia e di gelosia.
CAPITOLO XIII
Sì, di gelosia. Da quel giorno in cui Marco ebbe vista per la prima volta la figlia del conte del Balzo, l'immagine della bella e modesta vergine gli stette sempre dinanzi salda, fissa, ostinata, come una visione nei sogni d'un infermo.
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