Ella si gettava in mezzo alle tempestose consulte, ai trepidi arcani, alle gioie, alle speranze, di quell'anima indomita: ora componendosi in quello splendido avvenire di gloria che si vedeva preparato, glielo spargea d'una dolcezza, d'una giocondità, d'una pace celeste; ora ribellandosi al soave delirio della sua mente, parea che gli troncasse ogni nerbo, che lo lanciasse in un deserto oscuro e freddo, dove le ricchezze, la potenza, la fama, tutto quello che soleva agitargli la vita, risolvevasi in una dissipata vanità: era come se nel calore d'una danza venisse ad un tratto a cessare il suono, che la riesce una scempiaggine sgraziata e pazza.
A quella età fresca, è vero, ma d'una freschezza matura, ricreduto dalle illusioni della giovinezza, rotto da molti anni alla sfrenata licenza del viver soldatesco, macerato dai colpi della sorte e dalla iniquità degli uomini, abbandonarsi all'amore? e vi si era abbandonato colla spensierata baldanza d'un giovinetto inesperto, e colla risoluzione fatale d'un uomo vissuto sotto il ferro, in mezzo al sangue.
Marco non avea amato mai veramente altra donna che Ermelinda. Col tempo, col mancar ogni speranza, quell'amore era venuto declinando, e avea dato luogo ai furori di parte, alla sete di dominio e di vendetta, a tutte quelle altre brame or magnanime, or basse, che gli fecero compire sulla scena del mondo quanto di glorioso e di reo ci venne conservato intorno ad esso nelle storie. Con tutto ciò, Ermelinda non gli uscì mai affatto del cuore: era la memoria di lei che lo temperava qualche volta negl'impeti procellosi della sua collera: perdonando la vita ad un nemico supplichevole, sollevando un caduto, gli pareva di tornare ancora l'amico di quell'angelo, il giovane Marco, quel Marco da cui i casi e le passioni l'avean fatto tanto diverso.
| |
Ermelinda Ermelinda Marco Marco
|