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      Il Conte si chinò per rilevarlo dal suolo; ma egli crollando il capo e scuotendo una mano nell'aria: - No, - gridava, - lasciatemi qui, lasciatemi morir qui; io non mi leverò che non m'abbiate promesso di salvarlo.
      - Farò tutto quello che sta in me; via, alzatevi, Ambrogio, fatevi coraggio: vi prometto che pregherò, che supplicherò; via quietatevi.
      - Avete sentito? - disse allora Marianna, - il padrone ve l'ha promesso; dunque quietatevi, confidiamo nel Signore, e quietatevi.
      - Me l'avete promesso? me l'avete promesso? Oh dite a quell'uomo nelle cui mani sta la vita del mio Lupo, a quell'uomo che con una parola può darmelo salvo, ditegli che si ricordi anch'egli di suo padre, di cui era il figlio prediletto... E se l'abate vuol pure una soddisfazione, son qua io, un sangue medesimo, una stessa carne... io che l'ho consigliato, e la colpa è mia: egli ha obbedito suo padre. - Accorgendosi in quella di Ottorino, che nella prima perturbazione gli era sfuggito dagli occhi, si levò in piedi a un tratto, e andandogli incontro con un atto più risoluto che rispettoso: - Tocca a voi, - gli disse, - a salvarlo; a voi che l'avete messo nel punto in ch'ei si trova.
      - Vi pare? - scappò su tosto la sua donna in tuono di rimprovero, - vi pare che sian codesti i modi con un cavaliere tanto buono, che fa ogni cosa per lui, che è qui appunto per questo, vi pare?
      - Oh che il Signore vi benedica! - proruppe Ambrogio tutto confortato, - perdonatemi; abbiate compassione d'un povero padre che è fuor di sè e non sa che si dica o che si faccia.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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